La vendemmia è una tradizione di moltissimi paesi del mondo, una festa e un’occasione di gioia comunitaria in moltissime tradizioni. Sull’Etna questa festa si intreccia a rituali pagani che sono poi diventati parte della sacralità della terra del vulcano. Ancora oggi, la raccolta dell’uva qui è una tradizione forte, intensa, da vivere … a maggior ragione se siete turisti in visita per la prima volta.
Esistono tempi diversi per la vendemmia sull’Etna, sebbene di base questa avvenga tra il 15 e il 30 di settembre. In alcuni casi, però, si può protrarre fino a ottobre. In certi ambienti l’uva si può raccogliere già in agosto, in quel caso la vendemmia avviene di notte. Se il maltempo impedisce di fare la festa, saranno solo i più abili e i più bravi a fare la vendemmia, ma tutti parteciperanno comunque al banchetto finale.
Le uve dell’Etna
Le uve dell’Etna sono tra le più succose e buone d’Italia. Crescono nutrendosi del ricco suolo vulcanico e si sviluppano con un clima che riceve piogge abbondanti e giornate di sole ugualmente numerose. La combinazione delle due cose fa sì che la pianta doni i propri frutti puntualmente e sempre in abbondanza. Le uve che crescono favorite dal terreno vulcanico sono: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Carricante, Catarratto.
I primi due sono rossi, gli altri due sono bianchi. Le zone di vigne, intorno al vulcano, sono in prevalenza sul fianco orientale e su quello settentrionale. I territori compresi tra Pedara, Zafferana Etnea, Mascali, Linguaglossa, Solicchiata e Randazzo, per essere precisi, sono il regno del buon vino. Le vendemmie, in queste aree, sono tradizione che va molto oltre il lavoro dei campi.
La tradizione della vendemmia
Di norma le aziende, o le famiglie, che raccolgono l’uva organizzano la vendemmia come una festa per tanta gente. Si comincia a lavorare all’alba e si termina al tramonto. Di solito la raccolta copre un arco di due o tre giorni – nelle aziende più grandi anche una settimana. La festa tradizionale prevede un ricco “spuntino” a metà mattinata, verso le 11 circa: salsiccia col pane, insalate ricche e buon vino, tanto per gradire!
Poi si continua il lavoro, con altre piccole pause per la merenda. Infine, l’ultimo giorno, si chiamano parenti e amici e si mangia tutti insieme un grande pranzo, paragonabile a quello di Natale o Capodanno. Un pranzo simile si ripeterà alcune settimane più tardi in occasione della “apertura del vino nuovo”, perché tutti assaggino il prodotto del proprio sacrificio.
Alcune curiosità
Certe tradizioni etnee mescolano sacro e profano, o indicano il passaggio di generazione. Ad esempio, alcune famiglie usano far sedere il bambino più piccolo del clan tra le ceste di uva, simbolo di continuazione della tradizione ma anche di prosperità. Come la famiglia ha donato il suo frutto, così anche la terra.
Anticamente la vendemmia dava lavoro temporaneo a moltissimi poveri, che venivano impiegati nella raccolta. Un detto ancora oggi in uso recita: travagghiu di vinnigna, ti signa, ti sgrigna, t’alligna e ti spigna (lavoro di vendemmia: ti segna, ti fa divertire, ti rinvigorisce e ti toglie i debiti). A Piedimonte Etneo, ogni anno, a fine vendemmia viene organizzata una grande festa in piazza con una fontana che zampilla mosto.
In molte famiglie, la pigiatura dell’uva avviene ancora in un clima di festa. Di solito sono le donne sposate, o i bambini, a pestare l’uva a piedi nudi. Secondo alcune tradizioni devono essere gli uomini a “ballare” sopra l’uva, tenendo un forcone in mano. Il forcone servirebbe a spingere i resti dei grappoli tra i rifiuti, ma per alcuni è una sorta di richiamo a qualche antica divinità.
Infine, dalla vendemmia vengono prodotti vini buonissimi. Tutti ne avranno una bottiglia Ma non la migliore. Quella rimane conservata per le occasioni uniche. Oppure, per alcuni, quella bottiglia verrà offerta all’Etna durante una eruzione, in modo che accettando il buon vino risparmi le case e i campi di chi glielo offre.