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Valle del Bove è un panorama che conoscono tutti e tutti amano. È quella grande depressione che si apre sul fianco orientale dell’Etna, frutto di un antico collasso (o frana) di oltre 60.000 anni fa, quando l’edificio vulcanico primitivo etneo – chiamato Trifoglietto – crollò su se stesso. Detriti di questa immensa frana sono stati trovati sulla costa, a più di 20 km dall’attuale corpo vulcanico, segno dell’immenso disastro che allora visse questa terra. Oggi, però, per tutti la Valle del Bove è un luogo turistico e una … benedizione! Grazie alla sua presenza, infatti, i paesi pedemontani sono “protetti” dalle eruzioni che si scaricano tutte nel deserto di questa immensa caldera.

Perché “del Bove”?

Il nome della grande vallata desertica che si apre in questa caldera è legato all’antica usanza di portare qui, al pascolo, le mandrie. Infatti, se da un lato è vero che buona parte del terreno di Valle del Bove è coperto da deserti di roccia lavica, è anche vero che la tenera vegetazione che man mano ricresce sulle lave dona nutrimento ai ruminanti.

In tempi passati, quando agricoltura e allevamento erano le principali attività della zona, non era raro vedere intere mandrie andare “ai pascoli alti” in Valle del Bove, per cui i buoi e le mucche erano gli animali che si incontravano più di frequente su questi sentieri.

Come è cambiata Valle del Bove

Complice il progresso eccessivo, e le migrazioni di massa, il lavoro agricolo è quasi scomparso in Sicilia. Si è ridotto di moltissimo. L’area etnea, poi, fortemente urbanizzata, ha visto sparire le figure dei pastori e dei vaccari.

In compenso sono aumentate quelle degli escursionisti e degli scienziati. Valle del Bove, infatti, è divenuta un immenso bacino di studio per i geologi dello INGV e una fonte inesauribile di itinerari turistici per gli appassionati della montagna. Tra il XIX e il XX secolo, inoltre, l’Etna ha conosciuto un periodo di attività quasi continua. Le eruzioni – effusive ed esplosive – hanno reso Valle del Bove un luogo sempre meno sicuro per il pascolo.

Grazie alla istituzione del Parco dell’Etna si è salvato questo bacino dalla edilizia folle degli anni Settanta (esisteva un progetto di costruzione di hotel e agriturismi DENTRO la valle!!) e in tal modo sono state salvate anche vite umane. Tuttavia, pur essendosi salvata dall’edilizia, la valle è oggi un luogo molto frequentato dall’uomo. Dunque gli animali si tengono alla larga…… O quasi!

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PHOTO Mabel Amber_ Pixabay

Le capre in Valle del Bove

Dentro Valle del Bove sorgono due alte sporgenze di roccia: Rocca Musarra e Rocca Capra. Entrambe sono ciò che resta dell’antica struttura vulcanica crollata ed entrambe sono inaccessibili all’uomo (salvo che sia un appassionato di arrampicata libera!). Circondate e coperte di ricca vegetazione selvatica, le due rocche offrono comunque rifugio a tanti animali – per lo più uccelli e capre.

Esatto, capre! Perché, da quando i buoi hanno lasciato campo libero, sono le capre che hanno preso “possesso” della Valle del Bove. Da dove arrivino non si sa, ma si immagina. Forse sono discendenti di capi sfuggiti all’attenzione dei pastori, forse sono capre abbandonate appositamente in valle perché malate o invecchiate. Se inizialmente si trattava di pochi esemplari, oggi si sono riprodotte e associate tra loro a formare vere e proprie “mini greggi”. Le si intravede spesso a ridosso di Rocca Capra (appunto!) e Rocca Musarra, ma le si incontra anche lungo certi sentieri nei dintorni – ad esempio ai Sartorius!

Un elemento turistico

Non si hanno notizie di attacchi da parte di questi animali quindi si tratta di capre docili, abituate all’uomo. Sicuramente sono un nuovo elemento turistico che rende i sentieri di Valle del Bove più affascinanti e interessanti. A proposito… una provocazione simpatica: chissà che in futuro non si dovrà cambiare nome alla vallata e chiamarla, andando di questo passo, Valle della Capra? (foto di G. MUSUMECI e M. AMBER)


Autore: Grazia Musumeci