Tra poche ore scoccherà la prima ora del Nuovo Anno, con i dodici rintocchi della mezzanotte, e tutti – ovunque ci troveremo, qualunque sia il nostro credo – celebreremo questo evento con luci, fiaccole, fuochi e “botti”. Inutile fingere… il fuoco affascina. E affascina da sempre proprio per il suo legame con i riti antichi. Riti antichi che, in modo particolare in Sicilia e sull’Etna, resistono contro ogni avanzata moderna. Vediamo insieme quali sono i significati di alcune usanze tipiche del nostro territorio.
Il fuoco è sacro
Leggiamo su una pagina del sito I RACCONTI DAL BORGO che << il rito del fuoco sacro sopravvive in ogni parte d’Italia, dalle Alpi fino all’Etna. Il periodo con maggior frequenza di feste legate al fuoco è l’inverno, quando luce e calore sono più vulnerabili che mai. Ricorrenze come il solstizio d’inverno e il Sole Invitto sono sostituite da Natale (24 e 25 dicembre), l’Immacolata (8 dicembre), Santa Lucia (13 dicembre), San Nicola (5 e 6 dicembre) e Sant’Antonio Abate (16 e 17 gennaio). Il fuoco sacro illumina anche le celebrazioni primaverili di San Giuseppe (19 marzo, equinozio) e San Giovanni (24 giugno, solstizio), quelle estive come Ferragosto (15 agosto, Ferie Augusti) e quelle autunnali dedicate a San Martino (10 e 11 novembre) che chiudono l’anno contadino. Così, anno dopo anno (…) anche noi, figli dell’epoca digitale, ripetiamo quei gesti >>.
Il fuoco e la “buona sorte”
Da sempre il fuoco si lega ai riti propiziatori per la “buona sorte”. Le usanze contadine identificavano con l’atto del bruciare la pulizia dei campi, liberati dall’erbaccia e dai frutti marci. Il passaggio del fuoco lasciava, sul terreno, il concime per far crescere l’erba nuova. Ed ecco perché con il fuoco, con la sua luce, con il suo calore si cerca di porre le basi per un futuro migliore.
I rituali legati al fuoco
In inverno i contadini dell’Etna “bruciano le frasche”. Ovviamente questo non ha nulla di magico: si tratta di eliminare foglie secche, rami caduti, residui del passaggio di tempeste che possono inquinare i campi. Ma questi residui ci sono anche in altre stagioni. Allora perché si “bruciano le frasche” per lo più in inverno? Proprio per un legame con antichi riti propiziatori che offrivano agli dei i sacrifici per ottenere, in cambio, un ottimo raccolto l’anno seguente. E l’inverno, stagione “dormiente” favoriva queste preghiere e queste speranze.
L’avvento del cristianesimo ha cambiato un po’ i rituali ma non i loro significati. Dai falò dei campi si è passati ai fuochi sacri, che si accendono un po’ in tutto il territorio etneo, alla presenza di vescovi e autorità. Il nuovo simbolo del fuoco è la Luce di Cristo. Ma il senso del rito è lo stesso. Si prega per un anno migliore.
In epoca più moderna, sono stati i fuochi d’artificio a prendere il posto dei rituali del falò. Non è un caso se la notte di Capodanno si sparano fuochi e si accendono fiaccole un po’ ovunque. La luce, il calore e anche il rumore dei fuochi d’artificio inneggiano alla gioia per un “anno migliore”. Il rito non cambia, anche se cambia la “forma” del fuoco.
Il fuoco dell’Etna
Non capita sempre, ma a volte anche il nostro vulcano Etna partecipa alle celebrazioni umane e ai riti propiziatori. In passato si sono avute eruzioni, o inizi di eruzioni, proprio nel periodo tra la fine dell’anno e l’inizio dell’anno nuovo. E non bisogna negare che un po’ tutti, in queste sere magiche, guardiamo alla “muntagna” con la speranza che ci regali qualche spettacolo di luce! (FOTO DI G. MUSUMECI)