L’Etna è un vulcano giovane, potremmo dire “adolescente”. La sua vita è ancora breve, secondo i canoni della vulcanologia, eppure nonostante la sua storia recente conta già eventi importanti. Forse il più importante di tutti è stato il collasso del Grande Vulcano che ha generato in parte la forma attuale dell’Etna. Quella che si può ammirare in particolare dal fianco orientale.
L’Etna in realtà non è un vulcano ma un “apparato vulcanico”, un sistema che si è sviluppato in tempi e modi diversi. Generato da una serie di eruzioni sottomarine più di 600.000 anni fa, ha riempito con i suoi materiali e la sua mole quello che un tempo era un enorme golfo. Sotto quelle acque si scontravano già le due grandi masse della Placca Africana e della Placca Eurasiatica.
Quando l’Etna era Trifoglietto
La prima forma dell’Etna era quella di un vulcano a tre punte, il Trifoglietto. Un vulcano dalle esplosioni violente e imprevedibili, molto pericoloso per gli esseri viventi dell’epoca che popolavano questa “isola”. Una delle tre cime era Monte Calanna, un vulcano che si esaurì presto e che oggi emerge in parte da un angolo della Valle del Bove. Il Trifoglietto fu attivo circa 80.000 anni fa.
Una volta esaurita l’attività di questo apparato, il magma scavò dei condotti verso ovest formando un nuovo sistema eruttivo che oggi viene indicato come Trifoglietto II. Questo vulcano fu in attività fino a circa 55.000 anni fa. Quindi collassò su se stesso bloccando i condotti vulcanici e ponendo fine alle eruzioni per lunghissimo tempo.
Il Grande Vulcano Ellittico
Dopo un periodo di quiete durato 20.000 anni, la lava trovò una nuova via verso la superficie e si aprì un nuovo cratere, le cui potenti eruzioni continuarono per anni. I residui costruirono tutto intorno il corpo di una grande cima. Data la forma a ellisse della caldera centrale si ricorda questa bocca col nome di Cratere Ellittico. L’Ellittico divenne uno dei vulcani più alti della storia, sfiorando i 4000 metri di altezza. Se si fosse vista allora, l’Etna sarebbe apparso perfettamente triangolare e con un solo cratere sulla cima a punta.
Sebbene questa sia solo una ipotesi, portata avanti dal vulcanologo tedesco Sartorius Von Waltershausen, alcuni ritrovamenti fanno supporre che un Grande Vulcano sia davvero esistito. Il suo crollo intorno a 15.000 anni fa potrebbe essere la causa di una serie di terribili frane che spaccarono il fianco orientale del vulcano formando Valle del Bove. Una lunga scia di detriti, infatti, forma il costone sul quale sorge il paese di Milo e si spinge fino alla costa. Un gigantesco ventaglio che fa soltanto immaginare la vastità di questo crollo.
Se si passeggia sotto la scarpata di Praiola, nei pressi di Riposto, si capirà meglio la grandezza di quell’evento. Una parete altissima, il Chiancone, intrappola in una crosta di lava rocce e sedimenti di terreni antichissimi che man mano si sbriciolano formando la spiaggia sassosa ai suoi piedi. Molti di questi sassi sono residui del Grande Vulcano. Anche le pareti delle Gole dell’Alcantara ci parlano di questo apparato, essendo frutto di una grande eruzione laterale prodotta da una delle sue bocche.
Dopo l’Ellittico
Dopo il crollo dell’Ellittico e la formazione della Valle del Bove, l’attività vulcanica si è stabilizzata per diversi secoli dove è attualmente. La cima detta Mongibello è stata per secoli l’unico cratere dell’Etna attuale. Solo nel corso degli ultimi tre secoli, intorno ad essa, sono spuntate nuove bocche – cinque, al momento.
Il che fa pensare che la lava sia ancora “inquieta” e stia cercando ulteriori vie di sbocco. Forse verso ovest, come mostrano le ultimissime eruzioni interne alla Voragine (2019-2020) o ancora verso nord, come fa sospettare lo spostamento della faglia Pernicana a Linguaglossa. La verità è che l’Etna è ancora in fase di trasformazione e ci regalerà sempre imprevedibili – e terribili – spettacoli di fuoco.