Le due eruzioni che segnarono gli anni Venti del secolo scorso, sull’Etna, non sono collegate tra loro. Avvennero infatti su due versanti diversi e con una pausa di cinque anni l’una dall’altra. Ma sono legate dal pericolo e dalla sensazione di disastro che entrambe portarono con sé. Sensazioni rare, perché per quanto l’Etna sia un vulcano attivo e rumoroso, la sua lava ha aggredito pochissime volte gli abitati e l’uomo. Eppure, in quel decennio che precedeva l’enorme tragedia della II Guerra Mondiale, il vulcano sembrò irrequieto tanto quanto i tempi carichi di prepotenza che allora si vivevano.
Eruzione del 1923, la paura a Linguaglossa
Questo evento durò appena un mese, dal 16 giugno al luglio 1923. Avvenne tutto sul versante nord del vulcano, quando dopo una serie di scosse sismiche si aprirono diverse fratture lungo l’asse del Monte Nero, sopra Linguaglossa. Le fratture si allungarono da quota 2500 fino a quota 2000, emettendo fiumi di lava che iniziarono una rapida discesa verso valle.
Prima della fine del mese di giugno, la lava aveva già coperto diversi campi coltivati tra Linguaglossa e Castiglione e sommerse le case dei borghi di Cerro e di Catena, distruggendo anche la stazione della ferrovia Circumetnea. Dopo aver percorso 11 km, il fuoco si fermò a pochissimi metri dalle prime case dell’abitato urbano di Linguaglossa, risparmiandola.
L’eruzione fece molto scalpore e venne riportata dai cinegiornali dell’epoca con grande clamore, come era tipico dello stile del tempo. Mussolini in persona volle recarsi a vedere da vicino la devastazione dell’evento, e diverse foto lo ritraggono in posa con le autorità locali davanti alla lava. I dettagli e gli aneddoti di questo evento sono riportati in un interessante articolo del blog IL VULCANICO.
L’eruzione del 1928 e la “guerra dei santi”
Cinque anni dopo quel disastroso evento, mentre ancora lo Stato si prodigava in aiuti economici alle località di Linguaglossa e Castiglione, una nuova eruzione con fratture si verificò stavolta sul versante est dell’Etna. Tra il 2 e il 4 novembre, infatti, si aprirono fenditure eruttive tra la Valle del Leone (2600 metri) e la località cosiddetta Ripe della Naca (1200 metri) emettendo lunghe colate di lava che in breve tempo superarono le zone aride in quota dirigendosi verso i paesi più alti del vulcano.
Un braccio di lava puntava direttamente sul paesino di Sant’Alfio ma inspiegabilmente si fermò, a pochi chilometri dalle case, dopo aver incendiato castagneti e campi. Gli abitanti del borgo, però, avevano portato in processione il loro santo patrono ed era per merito suo, a loro dire, se il fuoco si era arrestato del tutto. La lava fuoriuscita dalla frattura più bassa, invece, proseguì la propria strada e raggiunse pochi giorni dopo la cittadina di Mascali. Anche gli abitanti del posto avevano portato in processione il loro santo, San Leonardo, ma il vulcano stavolta non sembrò “intimorito”. La lava non soltanto entrò in paese, ma distrusse la chiesa madre, con grande
scandalo dei fedeli! La chiesetta che invece era stata risparmiata dalla lava era quella, periferica, di Sant’Antonino e per diversi anni fu proprio questa la chiesa del cuore dei mascalesi. Sant’Antonino si era dimostrato più “attento” di San Leonardo! Ma nel corso degli anni successivi, il patrono fu “perdonato” e tornò ad essere il primo santo del paese. A ricostruzione ultimata ebbe di nuovo la sua chiesa affacciata sulla piazza del centro!
L’eruzione di Mascali rimane uno dei disastri vulcanici più gravi del XX secolo. Anche se non fece vittime causò la quasi totale cancellazione di un paese e la perdita di moltissimi beni materiali dei suoi abitanti.
Visitare i luoghi delle due eruzioni
Per vedere le colate di lava del 1923 basta recarsi a Linguaglossa, nella frazione di Catena. L’abitato e i campi hanno ormai ripreso possesso del territorio, ma è ancora possibile vedere le rocce nere di quella recente colata mentre, in macchina, si percorre la strada che unisce Linguaglossa a Randazzo.
Il segno più evidente della eruzione del 1928 sono le suggestive “cascate di lava” di Ripe della Naca, raggiungibili sia in macchina che a piedi con una escursione non troppo difficile. In macchina si può anche arrivare alla chiesetta di Magazzeni, tra i castagneti di Sant’Alfio, per ammirare il posto dove la prima lingua di lava miracolosamente si fermò.
Per raggiungere Linguaglossa, seguite l’autostrada A18 Messina-Catania uscendo a Fiumefreddo e salendo verso i Paesi Etnei. Per raggiungere Mascali e Sant’Alfio, percorrete la stessa autostrada uscendo a Giarre e seguendo le indicazioni per Mascali. Da Mascali stesso, si raggiunge in poco tempo Sant’Alfio. (TUTTE LE FOTO SONO DI GRAZIA MUSUMECI)