La festa di Santa Barbara è importante per il territorio dell’Etna perché si lega al fuoco, così come il ricordo di un’altra santa (collegata alla luce) Lucia. E sebbene la patrona del territorio catanese, e quindi anche del vulcano, sia in realtà Sant’Agata, a Santa Barbara ci si rivolge quando si chiede protezione contro il fuoco… e quindi anche la lava. Se vi trovate sull’Etna a inizio dicembre, fate rientrare nel vostro tour anche Paternò, nella sera del 4. La festa di Santa Barbara, patrona della città, è uno spettacolo assoluto, con il vulcano sullo sfondo.
Santa Barbara e il fuoco
Barbara era una ragazza vissuta in Turchia nel III secolo, figlia di un ricco greco che la voleva far sposare con un uomo di sua scelta e, fino ad allora, volle tenerla prigioniera in una torre di pietra.
Durante la prigionia, Barbara si convertì alla religione cristiana. Scoperta dal padre, questi tentò di ucciderla, ma la giovane riuscì a scappare e trovò riparo nelle campagne finché un pastore non ne tradì la fiducia, denunciandola. Incarcerata dal magistrato statale, Barbara subì molte torture tra cui quella delle ustioni con le fiamme … alle quali sopravvisse. Fu infine decapitata per mano del suo stesso padre, in cima a una montagna. Mentre discendeva a valle dopo l’omicidio, però, l’uomo venne incenerito da un fulmine improvviso. Era l’anno 306.
La tortura del fuoco e il fulmine che vendicò la sua morte sono entrambi simboli legati a questa santa e ai miracoli che, immediatamente dopo la morte, le vennero attribuiti. E anche se fu da subito dichiarata “venerabile”, il suo culto si diffuse in Europa soltanto nove secoli dopo, per opera dei cavalieri crociati. Oggi è considerata la patrona dei vigili del fuoco e degli artiglieri. E naturalmente protegge dal fuoco del vulcano.
La festa a Paternò
Paternò considera Santa Barbara la propria patrona dal 1576, anno in cui venne invocata contro la peste salvando per miracolo molti malati in città. Le celebrazioni iniziano il giorno 2 dicembre, con una grande festa di piazza che vede la sfilata delle “varette” – grossi ceri votivi portati a spalla da uomini di varie corporazioni di mestieri. Finemente decorati, questi “ceri” settecenteschi barocchi annunciano alla cittadinanza l’avvio della festa.
Il giorno 3 è dedicato principalmente alle messe e alla rievocazione religiosa. Il culmine della festa è il 4 dicembre, giorno che ricorderebbe la morte di Barbara. La giornata inizia presto, con la “svelata” della statua della santa che in seguito viene portata in processione tra le vie e le chiese cittadine. La processione viene completata il giorno successivo, 5 dicembre. Ogni giornata si conclude con lo spettacolo dei fuochi d’artificio – che vi consigliamo di ammirare dalla terrazza panoramica del Castello Normanno, con lo sguardo che spazia sulla città e sull’Etna all’orizzonte.
Per la gioia dei turisti, la festa viene replicata in tono minore e con diverse modalità anche il 27 di maggio e il 27 di luglio.
Santa Barbara e il vulcano
La festa del 27 maggio ricorda l’eruzione dell’Etna dell’anno 1780. Come narra la cronaca riportata dal sito EtnaSci.it da un testo di Giovanni Tringali, “la fessura eruttiva si aprì sul versante sud-ovest, alla base di Monte Frumento Supino, da quota 2300 fino a quota 1850 metri s.l.m. La lava, dopo avere investito e circondato il Monte Parmentelli, minacciò il piccolo paese di Ragalna.(…). I fedeli pregarono per giorni affinché Dio salvasse il paese dalla catastrofe, ma la lava continuò ad avanzare e si fermò in contrada Eredità, soltanto il 26 maggio giorno in cui furono portate in processione le reliquie di S. Barbara, patrona di Paternò, dopo 8 giorni dall’inizio dell’eruzione. L’eruzione comunque ebbe termine il 31 maggio”.
Durante la festa, cosa vedere a Paternò
Il monumento più bello di Paternò è la torre normanna, qui chiamata “Castello”, anche se si tratta in realtà di un donjon, ovvero di un torrione militare reso abitabile per ospitare comunque reali o persone di alto rango. La bellezza del torrione è data dal materiale con cui è costruito, in pietra lavica, e dal doppio panorama che si gode dalle due terrazze, una affacciata sul paese e l’Etna e una affacciata sui campi dell’entroterra.
Ai piedi del Castello sorge un percorso fiancheggiato da un loggiato cieco che conduce alla antica chiesa madre: la Scalinata Matrice. Tramite quel percorso la parte alta della città si connette alla parte bassa dove si trovano molte chiese (Santa Barbara, Sant’Antonio, Maria Santissima Annunziata, Cristo del Monte, Cristo Re …), diversi palazzi tra cui Palazzo Moncada, e monumenti come la Torre dei Falconieri, i Mulini, l’antico Acquedotto.
La località da non perdere, a Paternò, però è quella delle Salinelle. I piccoli vulcani di fango che spesso eruttano acqua solforosa, si trovano di fronte allo stadio comunale e sono ad accesso libero. Ma è sempre fondamentale andare con una guida locale, perché il pericolo (di eruzioni improvvise ma anche di pozze di fango profonde) è sempre dietro l’angolo. Se vi avventurate da soli rimanete solo dove avete la certezza della solidità del suolo. (LE FOTO SONO DI GRAZIA MUSUMECI)