I vulcani sono le porte dell’inferno? Per molti secoli è così che li ha considerati la gente e il credo popolare. Un timore naturale, dettato dalla paura che incute all’uomo una montagna in grado di sputare fuoco da ogni crepa. Se si va indietro a studiare la mitologia e la storia del Mediterraneo si ritrovano molti miti legati ai vulcani come l’Etna e lo Stromboli visti come “porte dell’inferno”. Anche la letteratura ha esaltato questo aspetto delle “montagne di fuoco”. E se questo oggi, nell’era della ragione e della scienza, fa sorridere … continua comunque ad aggiungere fascino ai vulcani.
Etna: da dio a casa dei demoni
Le culture classiche antiche individuavano nell’Etna la casa di un dio, o meglio “il laboratorio” di un dio. Il dio Vulcano, o Efesto. Costui era un gigantesco fabbro che forgiava nel fuoco le armi e gli utensili per gli dei e per gli umani e, secondo la tradizione, era dentro l’Etna che “batteva la sua incudine” emanando scintille in cielo. Con l’avvento del Cristianesimo, la figura di Efesto fu sostituita da Lucifero, l’angelo ribelle e signore degli inferi. E da questa porta degli inferi sarebbero passati diversi cavalieri guerrieri del Medioevo (ad esempio quelli saraceni o quelli della Tavola Rotonda di Artù) e, in tempi più recenti, la regina Elisabetta I d’Inghilterra. Si trattava di personaggi mal tollerati dalla chiesa di ogni tempo e che attraverso questa porta si dirigevano, secondo i papi, verso la loro punizione eterna. Leggenda vuole che la famosa regina, cadendo dentro l’Etna, perse una pantofola che oggi si trova, da qualche parte, a Bronte.
L’inferno passa da Stromboli
<<C’è un’isola nel mare, poco lontana dalla beata isola di Zarathustra, su cui fuma in permanenza un vulcano; di essa dice il popolo (e in particolare le donnette del popolo) che è posta come un masso di roccia davanti alla porta degli Inferi; ma che attraverso il vulcano scende uno stretto sentiero che conduce a quella porta del mondo sotterraneo.>>
Così scrive Nietzsche nella sua opera più famosa, Così Parlò Zarathustra. Il filosofo aveva fatto un viaggio in Italia nel 1882 e dai suoi appunti di viaggio si capisce che avesse visitato le isole Eolie. Questo vulcano che conduce agli inferi non può essere che Stromboli.
Ancora più esplicita la leggenda calabrese legata al santuario di Sant’Elia di Palmi. Si narra che il santo, di origine siciliana (era un monaco proveniente da Enna), decise di costruire un tempio al Signore sulla costa tirrenica della Calabria. Ma il diavolo voleva ad ogni costo impedirglielo e così lo tentò in ogni modo. Non riuscendo ad avere la meglio, il demonio si presentò infine al santo sotto forma di un carbonaio carico di un cesto pieno d’oro. Lo offrì a Sant’Elia per corrompere la sua anima, ma quello – dopo aver pregato – agitò il proprio bastone e gettò il diavolo giù da un dirupo direttamente a mare. Sconfitto, questi iniziò a sbuffare e fumare di rabbia… e così nacque l’isola di Stromboli.
Dal Monte Sant’Elia, oggi, si può assistere due volte l’anno allo spettacolo del sole che tramonta dentro il cratere dello Stromboli.
Vulcano, isola dei morti
Anche se piccolo, basso e poco appariscente nelle sue manifestazioni, Vulcano è importantissimo. Proprio da questo… vulcano, infatti, è nato il nome che caratterizza oggi tutte le montagne di fuoco. L’isola formata da questo vulcano, che oggi emette per lo più fumi di zolfo e fanghi caldi, anticamente era però conosciuta come “il luogo dei morti”.
Il suo antico nome era Hiera (greco antico ἱερά, che significa “offerta sacra, sacrificio, vittima”), perché forse qui venivano fatti dei sacrifici agli dei – magari anche sacrifici umani! Si dice inoltre che per secoli nel cratere di Vulcano siano stati gettati i cadaveri provenienti da tutta la costa tirrenica della Sicilia. Il fuoco e lo zolfo, infatti, erano simboli di purificazione per le anime buone e di dannazione per le anime crudeli. Non ci sono prove concrete di questi rituali, soltanto antiche leggende oggi quasi dimenticate. Ma ciò non vuol dire che non siano mai avvenuti. Può essere che i morti sepolti in un terreno inacidito dal vulcanesimo siano stati consumati rapidamente al punto da non lasciare nemmeno dei fossili! (FOTO DI GRAZIA MUSUMECI)